SELEZIONE DEI CANDIDATI E IMMAGINE AZIENDALE

“La nostra azienda non è in grado di dare un feedback adeguato ai candidati che vengono scartati nel corso del processo di selezione”.

Questo commento mi è stato fatto dal Direttore Risorse Umane di un grosso gruppo multinazionale e riflette una crescente difficoltà che hanno i reparti di Risorse Umane nel gestire i candidati.

Le modalità del processo di selezione sono una forma di comunicazione verso l’esterno che deve essere gestita in maniera cauta e prudente. Ricordarsi che ogni candidato, in qualsiasi circostanza, merita rispetto è la chiave per pilotare con successo la chiusura di una selezione.

Il processo di selezione è un linguaggio comunicativo allargato. I candidati raccontano le loro esperienze ad amici, a conoscenti ed a colleghi. In altre parole i candidati contribuiscono a modificare la percezione che il mondo esterno ha dell’azienda attraverso la loro esperienza di selezione.

In questa prospettiva la gestione delle risposte negative costituisce la fase più delicata. Una Direzione Risorse Umane che voglia continuare a proiettare una immagine positiva non può esimersi dal fornire al candidato una giustificazione della propria decisione. Ben inteso, non è obbligata a farlo direttamente: questo compito può essere delegato al “cacciatore di teste” o al consulente che assiste l’azienda nella selezione. Ma è necessario che definisca delle linee guida ben precise a cui anche il consulente che segue l’azienda dovrà attenersi.

Il vero ostacolo nella comunicazione tra azienda e candidato nasce da un fatto apparentemente banale: il percorso di selezione solo raramente è lineare, razionale ed aperto. Quindi, solo raramente sarebbe possibile proiettare all’esterno una immagine positiva con una comunicazione trasparente e sincera. Si dimentica troppo facilmente che qualsiasi decisione di assunzione è sempre il risultato di un compromesso a cui partecipano svariati attori (futuro capo gerarchico, capi funzionali, futuri colleghi, funzioni staff, ecc.), ciascuno dei quali persegue i propri limitati obiettivi e non sempre esprime una visione aziendalista. Questo percorso ricorda la battuta che si faceva in passato sul funzionamento dei team multidisciplinari: “Sapete che cos’è un cammello? E’ un cavallo progettato da un comitato”. Quando si seleziona un dirigente, si parte cercando un cavallo, ma spesso si finisce assumendo un cammello.

Le cose assumono una dimensione ancora più complessa quando la ricerca viene svolta in maniera confidenziale e riservata: necessità di sostituire un manager ancora presente in azienda; sviluppo di un nuovo progetto all’insaputa della concorrenza; preparativi per una acquisizione, ecc. Ci possono essere anche motivi più triviali, quali la necessità di separare colleghi coinvolti in relazioni, eterosessuali o non, percepite come scandalose dal resto dello staff; si potrebbe continuare, gli esempi si sprecano.

Una risposta trasparente è necessariamente in contraddizione con la riservatezza.

La somma di tutte queste considerazioni culmina in una spiacevole conclusione: una azienda non può permettersi di essere sincera con i candidati. Anzi, se vuole riuscire a proiettare un’immagine positiva sarà spesso costretta a mentire a ciascun candidato scartato.

Si pone quindi la questione di cosa sia opportuno dire ad un candidato e di come salvaguardare l’immagine della società.

Quello che un candidato si aspetta, in virtù dell’impegno profuso, è innanzitutto una manifestazione di rispetto.

E la prima forma di rispetto consiste proprio nel dare una risposta, anche se spiacevole. Molte aziende trascurano questo passaggio, ritenendolo uno spreco di energie; ma non si rendono conto dell’impatto negativo che questa disattenzione ha sulla propria immagine.

E’ invece necessario fornire un feed-back ad ogni persona contattata nel corso della selezione. Anzi, quando possibile sarebbe opportuno fornire un feed-back personalizzato per ciascun candidato.

Non è una cosa semplice, sia per l’impegno in termini di tempo che questo richiede, sia per la difficoltà di personalizzare la risposta.

Per quanto mi riguarda, tanti anni di esperienza professionale mi hanno insegnato a seguire alcune regole empiriche che si sono spesso rivelate efficaci.

Per cominciare, è sempre opportuno ricordare ai candidati che il processo di selezione è un percorso complesso, finalizzato al raggiungimento di un compromesso tra più persone e reparti della stessa società. Un compromesso non è necessariamente la scelta migliore, ma garantisce stabilità all’organizzazione aziendale. E’ una circostanza che molti candidati vivono già sulla propria pelle nelle società dove lavorano e che possono comprendere facilmente.

Inoltre il feed-back deve essere relativamente breve e non eccessivamente specifico. Una risposta troppo lunga, troppo elaborata o troppo dettagliata può risultare contraddittoria o può apparire forzosamente inventata. Come insegna il rasoio di Occam, la risposta credibile è sempre ovvia, semplice e corta.

Nessun candidato corrisponde mai perfettamente al “job profile” utilizzato per la selezione. Le differenze tra il profilo ideale e le competenze del candidato possono essere utilizzate per personalizzare la risposta. Il feed-back può fare riferimento ad un altro candidato che possiede competenze, esperienze o caratteristiche più vicine al “job profile”.

Infine, quando possibile, è sempre cosa gradita dare un piccolo consiglio per eventuali selezioni future.

L’importante, comunque, è gratificare il candidato, mostrandogli rispetto ed attenzione.

Oggi chiunque esca deluso da un percorso di selezione può danneggiare l’immagine dell’azienda raccontando la propria esperienza sui social media in termini sarcastici; il prezzo che la società rischia di dover pagare può risultare particolarmente elevato.

E’ compito del reparto Risorse Umane garantire che il processo di selezione non abbia impatti negativi di immagine. Il buon senso, usato in congiunzione con attestazioni di rispetto verso il candidato scartato, resta l’ingrediente fondamentale per permettere un flusso di comunicazione positiva e per rafforzare la proiezione dell’azienda verso l’esterno. Per le Risorse Umane può risultare un lavoro impegnativo, finanche noioso. Ma è assolutamente necessario.

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