EGREGIO ING. GAMBERALE, MI PERMETTO DI NON ESSERE D’ACCORDO

Marco Boido

Agosto 2018

Il dibattito a più voci avviato dopo la caduta del ponte Morandi mette in luce, meglio di qualsiasi altra situazione, i motivi per cui l’Italia sia ancora così lontana dalla modernità occidentale e faccia così fatica ad adeguarsi ai modelli di integrazione europea.

Prendo ad esempio le considerazioni espresse da Vito Gamberale nell’emissione “In Onda” diffusa da La7 giovedì 16 agosto, perché sono lo specchio della grande frattura culturale che separa le élite nostrane da una visione moderna, illuminata ed europea.

La posizione espressa dall’ing. Gamberale si articola su tre linee conduttrici.

Il “linciaggio mediatico” a cui sono stati e continuano ad essere sottoposti la famiglia Benetton e gli altri proprietari di Atlantia è immorale ed ingiustificato.

Prima di parlare di “responsabilità” bisogna appurare se ci siano state “colpe”, ovvero se in qualche modo qualcuno non abbia rispettato le norme, le procedure e gli obblighi legislativi.

In ogni caso la proprietà (Benetton e altri azionisti di controllo) non è mai intervenuta nella gestione della società Atlantia / Autostrade per l’Italia e quindi non può essere considerata responsabile del lavoro svolto dai dirigenti dell’azienda.

E’ proprio questo approccio da leguleio bizantino e garantista il vero fulcro del problema, perché è qui che si cela l’arretratezza e l’inadeguatezza culturale delle nostre classi dirigenti.

Parlare della necessità di accertare pienamente le circostanze della caduta del ponte Morandi prima di parlare di responsabilità, prendendo se necessario una lunga pausa di riflessione per determinare nel dettaglio tutte le cause e concause della disgrazia, suona come una condanna per il paese Italia.

Le nostre “élite” ci hanno abituato a giudicare qualsiasi situazione non a partire dai risultati, bensì verificando la conformità con normative calate dall’alto da enti centrali preposti a definire le regole. Questo è esattamente l’opposto di quello che succede nella maggior parte dei paesi europei. Mi spiego con un esempio banale. Supponiamo che in un paese come la Svizzera una società privata abbia il compito di gestire un’infrastruttura garantendo la sicurezza di suoi fruitori (parlo di Svizzera perché posso citare dei casi concreti a riguardo). Se dovesse succedere una disgrazia, quella società sarebbe considerata automaticamente responsabile, perché uno dei suoi compiti avrebbe proprio dovuto essere quello di garantire la sicurezza. Poco importa se abbia rispettato o meno le norme previste. Le eventuali norme sono un punto di partenza, non un punto di arrivo. E il punto di arrivo è la sicurezza, da raggiungere, se necessario, anche malgrado le norme esistenti.

Così si ragiona nella maggior parte dei paesi europei. Conta la sostanza (la sicurezza sempre e comunque), non la forma (il rispetto delle normative vigenti).

E’ in questa prospettiva che deve essere interpretata la dichiarazione rilasciata dal portavoce della Commissione Europea: “la responsabilità della sicurezza ricade sulla concessionaria” ha detto l’uomo di Bruxelles. In altre parole, nella logica europea, il crollo del ponte è la prova “provata” delle colpe della società. Eventualmente sarà compito di Atlantia dimostrare che la disgrazia è stata causata da eventi straordinari (atto terroristico, sabotaggio, terremoto, ecc.). In mancanza di questa dimostrazione le responsabilità agli occhi dell’Europa sono già chiare: i colpevoli ci sono ed hanno nome e cognome.

Anche le affermazioni che l’ing. Gamberale ha rilasciato in merito al controllo esercitato dalla proprietà sulla gestione di Atlantia sono molto lontane dalla logica europea. A suo parere Atlantia e la sua controllata Autostrade per l’Italia sarebbero gestite da una “cricca di dirigenti” (sic!) che opera in maniera del tutto autonoma rispetto alla proprietà. Gli azionisti non sarebbero minimamente al corrente delle attività societarie e si limiterebbero ad intascare i dividendi.

In realtà da oltre 10 anni anche l’Italia ha recepito la normativa relativa alla corporate governance. E’ dovere di ogni società dotarsi degli strumenti di indirizzo, di guida e di verifica dell’operato del management aziendale. Si tratta dei famosi “modelli organizzativi 231” dal numero del decreto legislativo che li ha istituiti. Ogni società è libera di definire i modelli organizzativi più appropriati per la propria attività aziendale. L’unico criterio che va rispettato è che “funzionino”, cioè permettano un effettivo controllo da parte degli azionisti di riferimento.

Sostenere che la proprietà (in questo caso la famiglia Benetton) non sia a conoscenza, quantomeno in grandi linee, delle attività di gestione è un’ammissione di colpa. Se effettivamente la proprietà non fosse al corrente di quello che succede in Autostrade per l’Italia, ci sarebbe violazione del decreto 231 proprio perché i modelli organizzativi di controllo adottati non sarebbero adeguati allo scopo. Non a caso la normativa è innanzitutto europea. I governi italiani hanno dovuto adeguarsi e allinearsi, loro malgrado.

Durante la sua conferenza stampa l’ing. Castellucci, Amministratore Delegato di Atlantia e Autostrade per l’Italia, ha dichiarato che l’azienda è pronta a mettere a disposizione 500 milioni di Euro come sollievo al disastro. Parte di questi soldi serviranno a finanziare la costruzione di un nuovo ponte, non appena ottenute le autorizzazioni. Nella sua lunga esposizione l’ing. Castellucci si è dimenticato di menzionare un dettaglio. Se il contratto di concessione, come chiede Autostrade per l’Italia, non sarà revocato o modificato, con l’avvio della costruzione del nuovo ponte scatterà immediatamente ed automaticamente un aumento dei pedaggi autostradali per permettere al concessionario privato di finanziare e recuperare i soldi che sta investendo.

Solo in Italia le responsabilità vengono regolarmente nascoste dietro il paravento delle procedure burocratiche e delle norme mai chiare; mentre il costo dei danni viene sempre scaricato sulle spalle degli utenti e dei contribuenti.

Pubblicato anche su Linkedin: a questo link

Related Posts