STUDI LEGALI ITALIANI ALL’ESTERO – IL RUOLO DEI TEMPORARY MANAGER

Sempre più spesso prestigiosi studi legali italiani annunciano l’apertura di nuove sedi all’estero. Ogni nuova sede è il risultato di un processo impegnativo, che espone lo studio italiano a notevoli rischi, spesso sottovalutati. Quello di cui pochi sono a conoscenza è il ruolo particolarmente importante, svolto principalmente da head hunter ed in seconda battuta da temporary manager, nel garantire il successo di queste operazioni.

L’espansione internazionale dei grossi studi italiani di avvocati d’affari è un fenomeno relativamente recente. Si tratta di un percorso reso necessario dall’internazionalizzazione di gran parte del tessuto economico italiano e dalla crescente domanda di sostegno al di fuori dei confini nazionali di cui hanno bisogno le società manifatturiere. E’ in questa prospettiva che bisogna leggere la notizia dei nuovi uffici di Macchi di Cellere in UK, di Chiomenti a Hong Kong o di Cintioli e Associati a Bruxelles, solo per citare alcuni esempi. Si tratta di un fenomeno destinato a crescere, proprio per l’importanza relativa che l’industria italiana continua ad avere nel mondo.

L’apertura di una sede fuori dai confini nazionali consiste generalmente nella progressiva “acquisizione” di uno studio legale estero. Sommariamente, si possono distinguere tre fasi. Inizialmente lo studio italiano stabilisce un rapporto di collaborazione con uno studio estero, più piccolo ma specializzato negli stessi settori di attività. In questa fase iniziale lo studio estero opera come corrispondente ed inizia ad interagire con gli avvocati dello studio italiano. Nella fase successiva il rapporto tra i due studi si trasforma in un “gemellaggio” e le interazioni tra partner e avvocati delle due organizzazioni diventano molto più frequenti. Nell’ultima fase lo studio italiano assorbe definitivamente lo studio estero, che diventa formalmente un ufficio in sede straniera dello studio legale italiano. Durante questa fase le procedure di lavoro vengono armonizzate, gli standard professionali vengono allineati ed i collaboratori (di qualsiasi livello) vengono ridistribuiti nelle varie funzioni.

Per uno studio legale italiano il percorso di annessione e di integrazione di uno studio estero è sempre ricco di insidie. Il pericolo di cooptare i partner sbagliati, di sostenere costi spropositati, o di deludere i clienti italiani con performance inadeguate è sempre dietro l’angolo. Un eventuale danno di immagine su un’operazione internazionale si riflette comunque in un’erosione del prestigio e della reputazione anche della struttura italiana.

Per portare a termine i propri obiettivi lo studio legale italiano ricorre abitualmente all’aiuto di un head hunter. Il suo compito consiste nell’identificare un temporary manager a cui affidare la gestione operativa del progetto nella fase finale. Il compito è tutt’altro che facile, proprio perché stiamo parlando di organizzazioni di avvocati: professionisti che tendenzialmente mostrano una spiccata vena individualistica e che sono gelosi del proprio “territorio”. Il problema è reso più complesso dall’esistenza di una barriera non solo linguistica, ma anche culturale. Si tratta di realtà impiantate all’estero: una buona conoscenza dell’inglese è una condizione necessaria ma non sufficiente per poter aprire un vero dialogo con gli interlocutori.

Il cacciatore di teste propone abitualmente un manager con un forte back-ground in risorse umane. Spesso i candidati proposti sono ex Direttori Risorse Umane di lunga esperienza, provenienti da grossi gruppi industriali internazionali.

Il processo di integrazione e riorganizzazione si scontra inevitabilmente con forti resistenze all’interno della società acquisita ed il gap culturale facilita qualsiasi forma di opposizione al cambiamento. Il problema è soprattutto di natura psicologica. Restando in ambito legale, il miglior esempio a cui si possa far riferimento è il celeberrimo film Twelve angry men (“La parola ai giurati”), diretto nel 1957 da Sidney Lumet (malgrado i numerosi remake la versione originale in bianco e nero resta in assoluto la migliore). Le resistenze che i professionisti dello studio “acquisito” pongono in atto non sono diverse dagli ostacoli, dalle reticenze, dal rifiuto dell’evidenza, dall’indifferenza e dall’aggressività della giuria di Lumet; si resiste alla novità nella velleitaria speranza di congelare il presente. Nel film il protagonista (Henry Fonda) mette progressivamente a nudo l’identità, le aspirazioni, le frustrazioni e la rabbia di ciascun giurato, dosando con maestria tecniche che oggi sono patrimonio dei professionisti delle risorse umane (colloquio motivazionale, assessment, ma anche manipolazione). Dopo aver sgretolato la componente irrazionale del comportamento di ciascun giurato, il protagonista porta il gruppo, ormai coeso dietro la sua leadership, verso la sola conclusione razionale possibile.

Il compito del temporary manager consiste proprio in questo, cioè nel superare gli ostacoli, previsti o imprevisti, combinando diplomazia, forza, autorevolezza e visione.

Se il temporary manager è lo strumento utilizzato per forgiare e plasmare la nuova realtà estera, il cacciatore di teste è l’architetto che pianifica il cantiere. Il sostegno dello head hunter comincia fin dalle prime fasi del progetto di integrazione, sotto forma di consulenza e di supporto internazionale. Il suo ruolo diventa determinante nella fase finale quando viene conclusa la ricerca del nostro Henri Fonda. L’inserimento del temporary manger viene preparato con anticipo: lo staff viene progressivamente informato e coinvolto in modo che possa fornire tutto il supporto necessario al successo dell’operazione; contemporaneamente si pianifica con attenzione l’avvio della collaborazione con il nuovo manager, in modo da non ostacolare il normale funzionamento dello studio.

E’ lo head hunter che consiglia lo studio italiano su questo e su tanti altri aspetti apparentemente banali. La cura del dettaglio contribuisce in maniera determinante al successo dell’operazione.

L’integrazione di uno studio legale estero richiede competenze che non fanno parte del DNA dell’avvocato d’affari: la stretta collaborazione con un “cacciatore di teste” e l’utilizzo di un temporary manager sono la soluzione a cui oggi si ricorre per integrare le competenze mancanti e garantire il successo del progetto. Sulla spinta di questa crescita internazionale è probabile che il rapporto tra certi studi legali ed alcuni head hunter si facciano sempre più stretti.

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